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RITUALI DI SEPOLTURA

Scritto da MadameBlatt

“È orrendamente più lunga l’agonia

di vagare sepolti vivi sopra la terra

che riposarvi sotto”

-Guido Rojetti-

La superstizione è da millenni anche sinonimo di funerali e cimiteri.
Da quando è nato il Mondo, la morte è un argomento scomodo per molte persone.
Forse è per la grave reazione emotiva che si ha davanti ad essa, specialmente se accade a qualcuno vicino, per cui il vivente reagisce in modi bizzarri.
O forse è perché il processo di morte non è ben compreso, e quindi induce gli individui solitamente razionali, a credere in concetti irrazionali.
I musei ospitano mummie egiziane, Hollywood offre tour sui fantasmi e le attrazioni horror continuano ad essere popolari, grazie all’interesse verso il macabro, la superstizione e la paura.

Le persone sono istintivamente curiose e hanno paura di ciò che non capiscono.
La morte è un argomento difficile da afferrare.
Forse è per questo, che così tante culture hanno tradizioni e superstizioni diverse, quando si tratta di affrontare la morte.
Per molti, le diverse superstizioni agiscono come un meccanismo di copertura/ protezione e aiutano a capire meglio la morte.

Diamo un’occhiata ad alcune delle storie, credenze e superstizioni più popolari.

Tomba vikinga-Ph. Efraimstochter on Pixabay

# Nel Neolitico, quando l’uomo si insediò, apparvero “villaggi” per i morti, necropoli, simili a quelli per i vivi.
Tuttavia, soprattutto nel primo Neolitico, ci sono anche sepolture isolate, spesso vicino alle abitazioni.
Nel corso dei quattro millenni del Neolitico, i riti e le pratiche funebri si sono evoluti notevolmente: sepoltura individuale nel terreno, sepoltura collettiva, sepolture multiple o individuali, in casse di legno o di pietra, in silos, in grotte, ma anche cremazioni.
I depositi funerari, ritrovati sopra, sotto, intorno alle tombe, forniscono informazioni sui riti commemorativi e sull’Universo spirituale, legato alle diverse categorie di morti (uomini, donne, bambini, anziani).
Per esempio, intorno al 4500 a.C. , mettere un vaso sulla tomba o ai suoi piedi era una pratica frequente.
A seconda dell’età e del sesso, i morti venivano trattati in modo diverso.
Uomini relativamente anziani venivano talvolta sepolti con le loro faretre di frecce e con i loro ornamenti, costituiti da denti presi ad animali selvatici.

Ph. AkerrarenAdarrak on Pixabay


Per le donne, ma anche per i giovani, era il mondo domestico e agricolo che predominava nelle tombe: mulini per il grano, oggetti e strumenti di uso quotidiano, comuni ornamenti fatti di conchiglie, ecc.
I numerosi Dolmen, che vediamo ancora oggi, erano in origine sepolture, sormontate da grappoli di pietre disposti su gradinate chiamate tumuli. Riservati a personaggi importanti, essi erano costruiti in luoghi elevati, visibili da lontano.
Nei paesi in cui la pietra era più rara, le sepolture monumentali di questo tipo erano costituite da un tumulo di terra, che spesso raggiungeva i 300 metri di lunghezza, racchiuso in una palizzata di legno.
Alla fine del Neolitico, c’erano fino a 500 persone sepolte in queste tombe collettive, in cui venivano regolarmente conservate le ossa, impilati i teschi, ordinate le tibie e le ulne.
Queste tombe erano installate nei Dolmen, ma anche in fosse, caverne o persino stanze scolpite nel gesso.

Ph. panchenkoak on Pixabay

# Nell’antica Grecia, il rito funebre era suddiviso in tre fasi principali: “protesi” (toilette mortuaria e esposizione del corpo), “ekphora” (corteo funebre) e “sepoltura-cremazione”.
Durante la protesi, dopo essere stato lavato, profumato ed adornato dalla sua famiglia, il defunto veniva esposto su un letto cerimoniale nel vestibolo della casa, i piedi diretti verso la porta.
In segno di lutto, i familiari a volte si tagliavano i capelli, a simboleggiare la perdita di una parte di se stessi.
Erano presenti anche persone non della famiglia in lutto, per esprimere il dolore provato, attraverso manifestazioni gestuali spesso molto violente, come schiaffi sul petto con le mani, o strapparsi manciate di capelli.
L’esposizione del corpo non doveva durare più di un giorno, secondo la legislazione di Solone (nobile politico, giurista e poeta ateniese).
Il giorno dopo la veglia, all’alba, il convoglio funebre trasportava la salma al cimitero, situato fuori città.
Gli uomini di famiglia guidavano la processione, seguiti dalle donne e dalle altre persone in lutto.
In questa fase, le famiglie mostravano il proprio status sociale, a seconda del tipo di processione utilizzato.

Necropoli di Saqqara, Egitto-Ph. DEZALB on pixabay

Praticamente, i cortei tirati a forza di braccia erano usati dai più poveri, mentre le famiglie più ricche ed aristocratiche usavano un carro trainato da due o quattro cavalli.
Anche per quanto riguarda le pratiche di cremazione e sepoltura, c’era una differenza, a seconda della classe sociale della famiglia del defunto.
In effetti, la scarsità di legno in alcune regioni, in Attica in particolare, limitava l’incenerimento come privilegio delle famiglie più ricche.
La tradizione (imitata dai Romani) voleva che nelle tombe si depositassero degli asfodeli, oltre all’obolo per Caronte, nonché la torta di miele destinata a placare Cerbero.
Quindi, non era raro vedere cibo e bevande affiancati al defunto, al fine di soddisfare i suoi bisogni nell’aldilà.
Questa pratica non era uniforme: era proibita a Sparta da Licurgo, che non voleva che si seppellissero cose con i morti.
Solone, invece, ad Atene proibiva la libagione, a base di manzo, montone, vino e olio, che generalmente accompagnava le cerimonie funebri.
Questi pranzi erano consentiti il giorno dopo la sepoltura o cremazione, previo
rito di purificazione della casa e un sacrificio sul focolare domestico.

 

# In Inghilterra, i portatori della bara indossavano i guanti e questa usanza risale all’epoca vittoriana.
Questo periodo, che si riferisce al Regno della Regina Vittoria (1837-1901), era pieno di innovazione, scoperta, ma anche paura dei morti.
Infatti, l’Impero britannico aveva visto la regina Vittoria piangere il suo defunto marito, le famiglie piangere la morte dei propri cari, deceduti per malattie sconosciute o incurabili, e c’era una paura diffusa di essere sepolti vivi.
La società era confortata dalla spiritualità, con il Cristianesimo che predicava che, una volta morti, lo spirito veniva liberato dal suo contenitore terreno, ma non si sapeva dove.
Ci si chiedeva se lo spirito avrebbe vagato per i cimiteri, oppure sulla spalla di un parente, o se potesse insediarsi nel corpo di un’altra persona.
Queste domande portavano ad una serie di strane superstizioni sulla cerimonia funebre.
Era opinione diffusa, che toccare una bara avrebbe permesso allo spirito del defunto di entrare nel corpo di chi l’aveva fatto.
Per precauzione, i portatori della bara (Pallbearers)erano tenuti ad indossare i guanti.

 

# La gente credeva, inoltre, che aprire la bocca per sbadigliare, potesse consentire ad uno spirito di entrare e abitare nel suo corpo.

# Una credenza comune in tutta la Cristianità, il Giudaismo e l’Islam è che, alla fine dei giorni, i morti risorgeranno per il giudizio ed entreranno nella prossima vita.
Gli Europei del 1500 credevano che questo fosse vero, ma temevano che i morti potessero risorgere troppo presto.
Per alleviare le loro paure, misero grandi lapidi sopra il punto in cui poggiava la testa del defunto, per impedire al corpo di vagare per la Terra, prima del previsto.
In alcuni cimiteri inglesi, le lapidi venivano poste ai piedi dei defunti, per evitare che si alzassero e si allontanassero.
Addirittura, le prime generazioni di Anglosassoni, sempre per la stessa preoccupazione, erano soliti tagliare i piedi dei loro defunti per impedirlo.

Mausoleo di Qin Shi Huang, Cina-Ph. janeb13

# Solitamente si pensa che la pioggia nel giorno del matrimonio sia un segno di buona fortuna, ma cosa significa in un funerale?
Sembra che un tuono dopo un funerale, significhi che una persona morta ha certamente raggiunto le porte del Paradiso, cosa che può comunque risultare positiva o negativa, a seconda del momento del tuono.
Infatti, se accade dopo il funerale, significa che la persona amata ha raggiunto il Paradiso, ma se rimbomba durante la cerimonia, significa che il suo al di là sarà poco piacevole.

#Curiosa è invece l’usanza, questa ancora molto sentita, di porre nella tomba del defunto, prima del funerale, scarpe, bottiglie di vino o altri oggetti che, in base a sogni premonitori, servirebbero ad un altra anima già trapassata in precedenza. Ricordo ancora un mio vecchio amico, che mi raccontò di aver sognato suo padre, il quale gli diceva di essere rimasto scalzo, chiedendogli quindi di inviargli delle scarpe nuove, tramite una persona, che morì realmente pochi giorni dopo il sogno, a questo punto, premonitore.

 

Ph. Smithsonian Magazine

# Da migliaia di anni, esiste l’atto di deporre fiori sulla tomba.
Nell’antica Roma, le persone piantavano fiori nei luoghi di sepoltura, perché credevano che lo spirito del loro amato avrebbe vagato proprio lì e così avrebbe goduto della loro bellezza per tutta l’eternità.
In Inghilterra, intorno al XVIII secolo si iniziò a deporre fiori sulle tombe.
Però, in molte zone del Paese, questa pratica era considerata pagana ed era vietata in alcuni cimiteri, fino alla fine del XIX secolo.
Un’eccezione era praticata in Galles, dove i fiori venivano spesso piantati in cima alle tombe, per simboleggiare il tempo della vita in cui una persona moriva.
Narcisi, primule e violette venivano piantati per i neonati, rose per coloro che morivano a mezza età e rosmarino, per coloro che morirono in vecchiaia.

Nella Gran Bretagna della prima Età moderna, si fa riferimento ai fiori incorporati nei sudari funebri, spesso per compensare l’odore di un cadavere in decomposizione.
Invece di spargere fiori, in Inghilterra era più comune usare arbusti sempreverdi, come il rosmarino e il bosso, con le loro qualità di non appassire e quindi simboleggiando l’eterno ricordo.
Tuttavia, verso la fine del XIX secolo, i fiori iniziarono a diventare di nuovo popolari, portando infine alla pratica, relativamente recente, di ghirlande che adornano le tombe dei propri cari.
Nel XVIII secolo, si pensava che i fiori sbocciassero sulle tombe di individui virtuosi, mentre le erbacce si diffondevano sulle tombe dei malvagi.

# Qualche volta è possibile vedere una piccola pietra appoggiata su una tomba.
La fede ebraica crede che, mentre i fiori sono un dono per i vivi, non significhino nulla per i morti.
Infatti, nella morte il corpo non esiste più, e tutto ciò che rimane è la parte eterna di una persona, ovvero la sua anima.
Il corpo, come un fiore, sboccia e poi svanisce, ma l’anima, come una solida pietra, vive per sempre.
Da qui, la tradizione di lasciare una piccola pietra sulle tombe dei propri cari.

Tomba etrusca-Ph. travelspot on Pixabay

# Anticamente, la maggior parte delle tombe dei cimiteri si costruiva rivolta a Est.
Ciò deriva dalla credenza religiosa, che “i morti saranno chiamati a risorgere e a ricevere il giudizio”.
Infatti, la tradizione ebraica e cristiana afferma che Dio chiamerà i morti a risorgere ad Est.
Quindi, queste religioni furono tra le prime ad organizzare e gestire i cimiteri, creando così la tradizione delle tombe rivolte a Est.
Bisogna aggiungere, però, che questa usanza si fa anche risalire alla tradizione pagana e al culto del Sole.
L’Est rappresenta una nuova vita, un nuovo giorno.
L’Ovest rappresenta una fine.
Pertanto, i loro defunti venivano sepolti da Est a Ovest, per rappresentare una vita piena.
Erano sorti come il Sole e, un giorno, sarebbero risorti di nuovo.
Nonostante questa sia una pratica antica, essa continua ad essere perpetrata ancora oggi, dalle persone che pianificano in anticipo la loro tumulazione, decidendo l’orientamento della sepoltura.

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# Esiste l’usanza di chiudere gli occhi ai defunti.
Essa è praticata semplicemente, per proteggerli dal blocco del rigor mortis mentre sono ancora aperti, in quanto le palpebre sono una delle prime parti ad essere colpite.
Tuttavia, anticamente questo era spesso associato con una superstizione, secondo la quale essere guardati da un cadavere, poteva minacciare te e i tuoi parenti.

Per evitare ciò, a volte venivano messi delle monetine sulle palpebre per tenerle chiuse.
Ma le monete non erano utilizzate solo per questo.
Nell’antica Grecia e Roma, una moneta veniva posta all’interno della bocca del deceduto, nella convinzione che la sua anima ne avrebbe avuto bisogno, per pagare il traghettatore Caronte, che lo avrebbe portato attraverso il fiume Stige nell’Aldilà.

# La convinzione, che tutti gli specchi nella casa di un morto debbano essere coperti alla morte, deriva da una credenza del XVI secolo, secondo la quale il proprio riflesso fosse in realtà un’incarnazione dell’anima.
Si pensava, che alla morte l’anima sfuggisse dal corpo e quindi, essendo vulnerabile, poteva essere intrappolata nello specchio e portata via dal diavolo.
Inoltre, si credeva che, se ci si fosse guardati in uno specchio, in una stanza in cui una persona era morta da poco, si sarebbe morti poco dopo.

# Una volta si credeva, che se un incendio avesse sputato fuori un tizzone a forma di bara, questo avrebbe indicato la morte di chi lo vedeva.

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# In Giappone, il 90% dei funerali sono condotti svolti come cerimonie buddiste. Immediatamente dopo una morte (o, nei giorni precedenti, appena prima della morte prevista), i parenti inumidiscono le labbra della persona morente o deceduta con acqua, una pratica nota come “acqua dell’ultimo momento” (matsugo-no-mizu).
La maggior parte delle case giapponesi ha all’interno altari buddisti, “o butsudan”, da usare nelle cerimonie buddiste.
Molti hanno anche santuari shintoisti, “kamidana”.
Quando si verifica una morte, il santuario viene chiuso e coperto con carta bianca, per tenere fuori gli spiriti impuri dei morti, un’usanza chiamata “kamidana-fūji”.
Accanto al letto del defunto è posto un tavolino decorato con fiori, incenso e una candela.
I parenti e le autorità vengono informati e viene rilasciato un certificato di morte.
L’organizzazione del funerale in genere viene gestita dal figlio maggiore e inizia, contattando un tempio per programmare l’evento.
Alcuni giorni sono più propizi di altri, basati su un vecchio ciclo lunare cinese di sei giorni; in particolare, il secondo giorno, chiamato “tomobiki”, è superstiziosamente inteso come “trascinare i tuoi amici con te” ed è quindi considerato un giorno terribile per un funerale, ma una buona giornata per un matrimonio.
Il corpo viene lavato e gli orifizi vengono bloccati con cotone o garza.
A volte viene eseguito un rituale “incantatore” (Nōkan), in cui il Nōkansha professionale veste ritualmente, prepara il corpo e lo colloca nella bara
La cerimonia ora viene eseguita raramente e può essere limitata alle aree rurali, in cui vengono mantenute le tradizioni più antiche.
Indipendentemente dal fatto che la cerimonia venga eseguita o meno, una donna defunta è vestita con un kimono bianco, mentre un maschio defunto è vestito con un abito o un kimono.
Può essere applicato il trucco.
Il corpo viene messo su ghiaccio secco in una bara.
Oggetti, come un kimono bianco, un paio di sandali, sei monete per l’attraversamento del “Fiume delle Tre traversate” e oggetti bruciabili a cui il defunto era affezionato (ad esempio, sigarette e caramelle), vengono posti nella bara, che viene poi riposta su un altare per la veglia.
Il corpo è posto con la testa verso nord o, come seconda scelta, verso ovest.
Nel Buddismo, l’orientamento occidentale riflette il Regno occidentale del Buddha Amida.
Durante la vita, sia uomini che donne indossano la parte anteriore di un kimono, o “yukata”, incrociando il lato sinistro su quello destro.
Nelle occasioni in cui il cadavere è vestito con un kimono tradizionale, esso viene incrociato con il lato destro sul sinistro.

Sito funerario Naqsh-e Rostam, Iran-Ph. Behyad on Pixabay

Durante la veglia, tutti gli ospiti del funerale vestono di nero, gli uomini con abiti neri, camicie bianche e cravatte nere, e le donne indossano abiti o kimono neri.
Essi offrono denaro di condoglianze, in speciali buste nere e argento (bushūgibukuro o kōdenbukuro).
Mentre un prete buddista decanta una sezione di un “sutra” (aforismi di rituale, filosofia, grammatica e letteratura ), ciascuno dei membri della famiglia offre l’incenso tre volte all’urna davanti al defunto.
Allo stesso tempo, gli ospiti riuniti eseguono lo stesso rituale in un altro luogo, dietro i posti dei membri della famiglia.
La veglia termina quando il sacerdote ha completato il sutra.
Ad ogni ospite in partenza viene dato un regalo, che ha un valore di circa la metà o un quarto del denaro di cordoglio ricevuto da questo ospite.
I parenti più stretti possono rimanere e vegliare il defunto durante la notte nella stessa stanza.
Il funerale vero e proprio, chiamato “kokubetsu-shiki” , di solito è il giorno dopo la veglia.

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La procedura è simile alla veglia e l’incenso viene offerto, mentre un sacerdote canta un sutra.
Il defunto riceve un nuovo nome buddista, scritto in Kanji.
Si dice che questo nome impedisca il ritorno del defunto, se viene chiamato il suo nome.
La lunghezza del nome dipende anche dalla virtù della durata della vita della persona o, più comunemente, dall’entità della donazione dei parenti al tempio, che può variare da un nome generalmente comune, ai nomi più elaborati per 1 milione di yen o più .
I Kanji sono solitamente molto antichi e con significati esoterici.
Alla fine della cerimonia funebre, gli ospiti e la famiglia possono mettere fiori nella bara, intorno alla testa e alle spalle del defunto, prima che la bara sia sigillata e portata al carro funebre, riccamente decorato e trasportata al forno crematorio.
In alcune regioni del Giappone, la bara viene inchiodata dalle persone in lutto, usando una pietra.
I parenti raccolgono le ossa dalle ceneri e le trasferiscono nell’urna, usando bacchette grandi di metallo.
A volte, due parenti tengono lo stesso osso contemporaneamente con le bacchette e, conosciuto come “kotsuage”, questa è l’unica volta in Giappone, in cui è corretto che due persone tengano lo stesso oggetto contemporaneamente con le bacchette.
Infatti, normalmente tenere in mano qualcosa con le bacchette da due persone contemporaneamente, è considerato un grave passo falso sociale, in quanto ciò ricorderà agli astanti il funerale di un parente stretto.
Le ossa dei piedi vengono raccolte per prime e le ossa della testa per ultime.
Questo per garantire, che il defunto non sia capovolto nell’urna.
Generalmente, la tipica tomba giapponese è una tomba di famiglia (haka) costituita da un monumento in pietra, con un posto per fiori, incenso e acqua di fronte al monumento, e una camera o cripta sottostante per le ceneri.
Quando una persona sposata muore prima del coniuge, sulla pietra può essere inciso anche il nome del coniuge, con le lettere dipinte di rosso.
Dopo la morte e la sepoltura del coniuge, l’inchiostro rosso viene rimosso dalla pietra.
Questo di solito viene fatto per motivi finanziari, poiché è più economico incidere due nomi contemporaneamente, piuttosto che incidere il secondo nome quando il superstite muore.
E’ anche visto come un segno, che stanno aspettando di seguire il loro coniuge nella tomba.
Ultima usanza, un’immagine del defunto è collocata vicino all’altare della famiglia in casa.
Inoltre, nel primo anno dopo la morte, non viene inviata o ricevuta alcuna tradizionale cartolina di Capodanno.
Gli amici e i parenti devono essere informati in anticipo di questo, per non inviare un biglietto.

# In Cina, la cremazione è rara e la sepoltura dei morti è una questione presa molto seriamente.
Infatti, le disposizioni funebri improprie possono provocare sfortuna e disastri sulla famiglia del defunto, nella società e il suo stato civile.
Secondo l’usanza cinese, una persona anziana non dovrebbe mostrare rispetto per un giovane.
Quindi, se il deceduto è un giovane scapolo, il suo corpo non può essere portato a casa, ma viene lasciato a un’impresa di pompe funebri.
I suoi genitori non possono offrire preghiere per il figlio: essendo celibe, non ha nemmeno figli per eseguire questi riti Se un neonato o un bambino muore, non vengono eseguiti riti funebri, poiché non si può mostrare rispetto a una persona giovane: il bambino viene seppellito in silenzio.
I riti funebri per una persona anziana devono seguire la forma prescritta e trasmettere il relativo rispetto nella società, anche se questo significa che la famiglia del defunto deve contrarre debiti per pagarli.
Spesso il funerale è organizzato dalla famiglia, prima ancora che il proprio caro muoia.
Una bara tradizionale cinese è rettangolare con tre “gobbe”, ed è fornita da un becchino, che sovrintende a tutti i riti funebri.
Quando si verifica una morte in una famiglia, tutte le statue delle divinità presenti in casa vengono ricoperte di carta rossa , per non essere esposte al corpo o alla bara.

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Gli specchi vengono tolti alla vista, poiché si crede che, chi vede il riflesso di un la bara in uno specchio, avrà presto una morte nella sua famiglia.
Un panno bianco viene appeso attraverso la porta della casa e un gong posto a sinistra dell’ingresso, se il defunto è maschio, e a destra se è femmina.
Prima di essere riposto nella bara, il cadavere viene pulito, spolverato di borotalco e vestito con i suoi migliori abiti.
Tutti gli altri indumenti del defunto vengono bruciati e non riutilizzati.
Il corpo è completamente vestito, comprese le calzature e cosmetici , se di sesso femminile, ma non si può usare il colore rosso (che è il colore della felicità), altrimenti il cadavere diventerà un fantasma.
Prima di essere riposto nella bara, il viso del cadavere è coperto con un panno giallo e il corpo con uno azzurro.
La bara viene collocata in casa, se la persona è morta in casa, o nel cortile esterno della casa, se la persona è morta fuori casa.
La bara è posta con la testa del defunto rivolta verso l’interno della casa, appoggiata a su due sgabelli, e sulla testa della bara sono posti ghirlande, doni e un ritratto o una fotografia del defunto, senza essere sigillata.
Il cibo viene posto davanti alla bara come offerta al defunto, mentre il suo pettine viene spezzato a metà, una parte riposta nella bara, una parte trattenuta dalla famiglia.
Tradizionalmente, i figli e i nipoti del defunto non si tagliavano i capelli per quarantanove giorni dopo la data della morte, ma questa usanza oggi è osservata solo dalle generazioni più anziane di Cinesi.
I parenti diretti piangono durante il lutto, in segno di lealtà e rispetto e la forza del lamento va di pari passo all’eredità che il deceduto ha lasciato.
Il giorno dopo, la famiglia del defunto si riunisce intorno alla bara, posizionandosi secondo la loro importanza in famiglia.
I bambini e le nuore vestono di nero (perchè soffrono di più), nipoti e pronipoti di azzurro, suoceri con colori brillanti, perchè sono considerati estranei.
Inoltre, i bambini e le nuore indossano un cappuccio di tela di sacco sopra la testa.
Il figlio maggiore siede alla spalla sinistra del genitore e il coniuge del defunto a destra.
I parenti, che arrivano tardi alla cerimonia, devono strisciare in ginocchio verso la bara.
Ai piedi della bara è posto un altare, sul quale sono posti incensi accesi e una candela bianca accesa.
Durante la veglia viene bruciato in continuazione denaro, per fornire al defunto un reddito sufficiente nell’aldilà.
Durante la veglia di solito si vedrà un gruppo di persone giocare d’azzardo nel cortile anteriore della casa del defunto: il cadavere deve essere “sorvegliato” e il gioco d’azzardo aiuta le guardie a rimanere sveglie durante la loro veglia; aiuta anche ad alleviare il dolore dei partecipanti.
La durata della veglia dipende dalle risorse finanziarie della famiglia.
Mentre la bara è nella casa, un monaco canterà di notte versi delle scritture buddiste o taoiste.
Si ritiene che le anime dei defunti affrontino molti ostacoli e persino tormenti e torture, per i peccati che hanno commesso in vita, prima di poter prendere il loro posto nell’aldilà.
Quindi, preghiere (accompagnate dalla musica di gong, flauto e tromba), canti e rituali offerti dai monaci aiutano facilitano il passaggio dell’anima del defunto al cielo.

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# I rituali di morte e i funerali in Africa sono profondamente radicati nelle credenze culturali, nelle tradizioni e nelle religioni indigene del Continente.
Sono guidati dalla visione africana dell’esistenza dopo la morte e dal potere e dal ruolo dell’antenato defunto.
I riti di morte in Africa servono a garantire, che il defunto sia adeguatamente messo a riposo, in modo che il suo spirito sia in pace e possa prendere il suo posto tra gli antenati protettivi. Essi sono tanto una celebrazione del ruolo dei morti, quanto un lutto per la sua morte.
Una sepoltura “giusta” assicura che il defunto NON rimanga a perseguitare ed esercitare il potere sui vivi, ma riposi invece in pace e protegga la famiglia.
Questa convinzione deriva da un concetto africano comune, secondo cui la vita e la morte sono in un continuum di esistenza, con la morte vista solo come un altro stato dell’essere.
Nella morte, l’intera persona esiste ancora, ma ora abita nel Mondo degli Spiriti e si può reincarnare in diverse persone.
Se il defunto non viene sepolto “correttamente”, o ha vissuto una vita disonorevole, il suo fantasma può rimanere parte del Mondo dei Vivi e vagare causando danni.
Inoltre, alle streghe, agli stregoni e agli “immeritevoli” potrebbe essere negata una sepoltura “adeguata”.
In questo modo, viene loro negato l’onore di far parte della Comunità degli Antenati, un luogo molto apprezzato nelle credenze africane.
Il continente africano, nella sua vastità, contiene diversi tipi gruppi etnici e tribù con innumerevoli variazioni di religione, tradizioni e rituali.
Tuttavia, ci sono alcune somiglianze nei temi di base, a causa delle credenze tradizionali condivise sui morti e del rispetto per gli antenati.
Uno schema dei rituali della tribù sudafricana Xhosa, per il funerale del Presidente Nelson Mandela del 2013, illustra alcune usanze di base.
I rituali di morte africani iniziano, preparando la casa subito dopo la morte di una persona e ricevendo persone che vengano a rendere omaggio ai morti.
Solitamente, si coprono tutti gli specchi, le finestre e le superfici riflettenti, in modo che i morti non possano vedere se stessi.

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In Sud Africa, le finestre sono imbrattate di cenere.
Si rimuove il letto dalla camera della persona deceduta e si fa la veglia in casa, dove l’intera comunità viene a rendere omaggio e porgere le condoglianze alla famiglia.
Le persone in lutto della comunità arrivano a casa e piangono rumorosamente, tanto che si riesce a sentirli a distanza.
C’è anche una raccolta di cibo e altre provviste, si cucina, si mangia e assegnano compiti, per prepararsi al funerale.
I rituali di morte, per rimuovere il corpo dalla casa, per portarlo al luogo di sepoltura, hanno lo scopo di confondere i morti, in modo che non possano trovare la via del ritorno a casa.
Alcuni di questi sono portare il defunto fuori di casa attraverso un buco nel muro, invece della porta e chiudere il buco, in modo che non possa ritrovare la strada di ritorno. Questo simboleggia anche che ora fa parte della comunità ancestrale.
Per andare nel luogo della sepoltura, fare un percorso a zig-zag, per confondere i morti, nel caso volessero ritornare a casa.
Gettare ostacoli come spine, rami o altre barriere sul sentiero, sempre per rendergli difficile trovare la strada di casa.
Il giorno del funerale di solito c’è una processione al luogo di sepoltura, a volte prima dell’alba, con canti e balli.
Il defunto può essere avvolto nelle sue vesti per la sepoltura, e coperto con la pelle di un animale macellato. In alcuni gruppi, il corpo è avvolto in un sudario di lino. Gli oggetti personali vengono spesso sepolti con il defunto, per aiutarlo nel suo viaggio.
La tribù Yoruba, ad esempio, include cibo, vestiti, uccelli o altri animali, mentre altre tribù includono lance, scudi o pentole e padelle; quindi il defunto nell’aldilà ha tutto ciò di cui ha bisogno .

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Durante la sepoltura, le persone chiedono al defunto un favore per la famiglia, un rafforzamento della vita e protezione dai guai.
Potrebbe esserci un rituale dell’uccisione di un bue o di una mucca, in modo che possano accompagnare il defunto nella terra dei suoi antenati (“il portatore di casa”) e fungere da protettore per i vivi.
Alcuni gruppi vietano ai bambini e alle persone non sposate di partecipare al funerale.
Solitamente, dopo la sepoltura, ci si aspettano atti di purificazione, per esempio che le persone lavino via la polvere presa nel cimitero e che si sottopongano a una purificazione rituale al cancello.
Alcune persone in lutto mettono pezzi della pianta di aloe nell’acqua, poiché si dice che questo scongiuri il male.
I Cristiani possono anche cospargere le persone in lutto con acqua santa, per purificarle.
Gli Africani, infatti, credono che qualsiasi cosa o persona sia entrata in contatto con i morti, sia impura o inquinata.
I rituali di purificazione iniziano prima della sepoltura e di nuovo circa sette giorni o più dopo il funerale.
Nella tribù Ashanti del Ghana, ad esempio, la donna più anziana, se la famiglia lava il corpo tre volte, lo asciuga e lo veste.
Gli indumenti dei morti vengono impacchettati e conservati fino alla fine del lutto, quindi gli oggetti vengono dati ai membri della famiglia o bruciati.
Dopo un po’ di tempo, secondo l’usanza della comunità, la casa e i membri della famiglia si sottopongono a una purificazione, solitamente a base di erbe, per rimuovere la sfortuna e “l’oscurità”.
Un animale può essere sacrificato, al momento della pulizia rituale della casa e della famiglia, e di nuovo circa un mese dopo, per mettere a riposo l’anima del morto.

In fin dei conti, le usanze e le superstizioni sono talmente tante in tutto il Mondo , diverse o simili , che si potrebbe scriverne per giorni.
Pertanto, concludo descrivendo in maniera dettagliata quelle che in Italia, più o meno dappertutto, si svolgono al momento della dipartita di un nostro caro, ed il loro significato.
Queste raccontano precisi riti, che si effettuano con rigoroso ordine cronologico.
Fin dai tempi antichi, il primo atto della cerimonia funebre era accendere una candela per il defunto.
Questo atto, in fondo cristiano, esprimeva però la convinzione pagana che fosse necessario accendere una candela, per impedire allo spirito maligno, personificato nel diavolo o un vampiro, di entrare nel corpo del defunto, quando la sua anima lo lasciava.
Di seguito, si faceva il secondo rituale, per chiudere la bocca e gli occhi, in modo che lo spirito maligno non entrasse nel corpo, e il defunto non potesse vedere il percorso, che dalla casa portava al cimitero.
Tutto ciò, in quanto si credeva che, se l’anima del defunto avesse visto il sentiero, che dal cimitero portava alla casa, avrebbe potuto ritornarvi e causare guai ai vivi.
A seguire, c’era il rito del lavaggio della salma, che precedeva la vestizione con nuovi abiti (abiti della morte), spesso cuciti appositamente per l’occasione e tenuti per anni in un armadio, che rappresentava il terzo elemento dei preparativi funebri.
Inoltre, era obbligatorio che il defunto indossasse un berretto (o una sciarpa se si trattava di una donna) e delle scarpe.
Così preparato, il corpo del defunto veniva posto sul catafalco (impalcatura in legno o altri materiali, ricoperta di parati, sulla quale si pone la bara o un suo simulacro durante le cerimonie funebri e le funzioni religiose) .
Il sollevamento del corpo richiedeva anche alcune precauzioni magico-rituali, ispirate dal timore che l’anima del defunto potesse rimanere in casa: per questo motivo, era necessario che i piedi del deceduto fossero posti sul catafalco in direzione dalla porta o dalla finestra (questo rendeva più facile per l’anima uscire di casa).
Prima di avvolgere il defunto in un sudario bianco, bisognava simbolicamente legargli le mani, incrociandole sul petto.
A volte, i suoi tendini venivano tagliati, in modo che rimanessero immobili.
Con questo gesto preventivo, gli veniva impedito di trasformarsi in un vampiro o in un lupo mannaro.
Il catafalco veniva posto all’ingresso della casa, o in uno delle sale appositamente allestite per questa occasione.
La famiglia del defunto, i vicini e altri paesani venivano a trovarlo e lo salutavano.
Ognuno arrivava con una candela in mano e dei doni.
Accanto alla testa del morto, si metteva una candela, mentre i doni erano posti intorno al corpo, se era cibo, e sul petto, se era denaro.
Dal momento in cui il corpo veniva deposto sul catafalco, si era obbligati a garantire la custodia del defunto, chiamata “veglia”.
La custodia era un elemento importante nella struttura del rito funerario e veniva svolta ininterrottamente, giorno e notte, mentre la salma era a casa.
Vi partecipavano tutti i membri della famiglia e tutti coloro che venivano a rendere un ultimo omaggio al defunto.
In effetti, dietro questa usanza si nascondeva la paura degli spiriti maligni, dei vampiri e dei lupi mannari.
Secondo la credenza popolare, se un animale come un cane, un gatto, un topo o una gallina fossero passati vicini al corpo del deceduto, l’anima dell’animale sarebbe potuta entrare dentro, e renderlo “vivo”: per proteggersi da tanta sfortuna, i vivi, quindi, dovevano vegliare sul loro defunto.
L’atto rituale successivo nella cerimonia funebre, era il lamento compiuto dalle “persone in lutto” professionali (prezzolate), chiamate “prefiche”o “chiangimuerti” (Salento), oppure dalle donne della famiglia del defunto.
Il significato di questi lamenti era rendere omaggio al defunto, preservare la sua memoria e aiutarlo a trovare la via della vita eterna.
Quando il corpo lasciava la casa, venivano eseguiti una serie di rituali, il cui scopo era, da un lato, mostrare rispetto per il defunto e il mondo dei morti e, dall’altro, per proteggersi dalle loro cattive intenzioni.
La bara rimaneva aperta per tutta la cerimonia, in modo che l’anima del defunto potesse vedere la luce (e non invidiasse i vivi).
Tutte le porte e le finestre dovevano essere aperte, per rassicurare i vivi che l’anima del defunto non era rimasta a casa.
Dopo la funzione (in linea di principio, c’erano due funzioni, una davanti alla casa o in chiesa, e l’altra nel cimitero al momento della sepoltura), il defunto veniva portato al cimitero.
La bara, sempre aperta veniva portata da persone o trasportata da una carrozza trainata da 5 cavalli e, più recentemente, da mezzi a motore.
Essa veniva chiusa prima di metterla nella tomba.
Dopo il servizio religioso, tutti i partecipanti al funerale, gettavano un pugno di terra.

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Il significato di questo gesto è proteggere i membri della famiglia del defunto.
Infatti, si presumeva che l’anima del defunto potesse arrabbiarsi con i suoi familiari,perchè lo avevano messo nella tomba.
Oltre alla terra, si gettavano anche dei soldi e alcuni oggetti che appartenevano al defunto.
L’elemento che chiudeva la cerimonia funebre era il pasto funebre.
Secondo questa usanza, dopo la sepoltura, una tovaglia bianca veniva stesa sulla tomba del defunto e lì veniva servito un abbondante pranzo.
Tutti i partecipanti erano invitati e, in modo magico-rituale, obbligati a partecipare al pasto.
Così, avrebbero reso omaggio all’anima del defunto, che non si sarebbe sentito abbandonato o dimenticato.
Il pasto, preparato in suo onore, doveva dargli la forza di completare il suo viaggio in paradiso.
Oltre a questo, la condivisione rituale del cibo con il defunto rassicurava i vivi, che la sua anima aveva tutto ciò di cui aveva bisogno, e che non avrebbe avuto motivo di tornare a casa e rivoltarsi contro i suoi cari.
Non appena la tovaglia veniva stesa, si designava un posto vuoto per il defunto (a volte si poneva un cucchiaio sotto la tovaglia), che diventava così l’ospite onorario di questa celebrazione.
Se si trattava di giorni “magri”, si portavano piatti senza carne, a base di verdure, cereali e pesce.
Nei giorni “grassi”, si effettuava il sacrificio rituale, che consisteva nell’uccidere, a seconda del sesso del defunto, un montone o una pecora.
L’animale sacrificato si portava intero al cimitero e doveva essere mangiato interamente: i resti non dovevano essere portati a casa, e per questo la carne era distribuita a tutti i partecipanti, anche ai poveri e ai mendicanti di passaggio.
La fine del pasto segnava anche la fine della cerimonia di sepoltura.
I partecipanti al funerale tornavano a casa, non prendendo la stessa strada che avevano fatto arrivando lì.
Ciò era necessario, per confondere le tracce del ritorno ed impedire all’anima del defunto di seguire i vivi.
Sulla tomba venivano lasciati acqua, olio, vino, diversi tipi di cibo e bevande, affinché l’anima del deceduto potesse aiutare se stessa.
I pasti presso la tomba erano ripetuti anche il settimo e il quarantesimo giorno, nonché il primo giorno di anniversario dopo la sepoltura.
I riti funebri e le merende, praticati nel periodo del primo anniversario, avevano l’obiettivo di accompagnare l’anima del defunto, per portargli il supporto morale necessario per il compimento del suo viaggio nell’altro mondo.
Secondo la credenza popolare, i primi quaranta giorni l’anima vagava nella natura, visitando i luoghi in cui aveva vissuto e, per questo, bisognava essere particolarmente attenti e soddisfare tutte le sue esigenze.
Oltre ai normali spuntini al cimitero, accanto alla finestra di casa si teneva per quaranta giorni anche un bicchiere d’acqua, i piatti e una candela accesa.
Dopo il periodo di quaranta giorni, l’anima si fissava sulla croce della sua tomba; ma, per fissarla correttamente e per sempre (cioè in modo che non tornasse a disturbare i vivi), bisognava mettere una lapide.
L’incastonatura della pietra avveniva pochi giorni prima del primo anniversario della sepoltura ed era seguita anche da un pasto funebre nel cimitero, come quello della
cerimonia funebre.
La conclusione di questa celebrazione segnava anche la fine del primo ciclo di atti magico-rituali consacrati, in modo concreto e personale, al defunto ed alla sua anima.

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Dal primo anniversario dalla sepoltura, la commemorazione della sua morte sarebbe avvenuta solo nell’ambito delle feste commemorative collettive destinate ai defunti e agli antenati.
I riti di sepoltura entrano così nel contesto più ampio del culto dei defunti, il cui compito principale è quello di mantenere i legami tra i vivi e il mondo dei morti.
Dopo la scadenza di un anno, l’anima del defunto diventa innocua (non può più danneggiare i vivi) e ascende al Cielo, per unirsi alle anime degli antenati.
Una volta asceso al Cielo, il defunto si comporta come gli antenati, che proteggono la vita.

 

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