La Jícama, Pachyrhizus erosus, è un rampicante appartenente alla famiglia delle Fabaceae, originario del continente americano e più precisamente del Messico.
Pachyrhizus: dal greco, col significato di radici spesse.
Erosus: dal latino, frastagliato, per il margine fogliare.
Jícama: dalla lingua dei nativi americani Nahuatl, significa “qualcosa di gustoso”.
Altri nomi: Patata messicana, Fagiolo-Patata, Fagiolo di Yam, Xicama, Singkamas, Sankalu, Bengkuang, Mexican yam bean, Turnip bean, Dolique bulbeux, Pois patate, Mexikanische Yamsbohne, Feijoeira-inhame, Judía batata, Achipa, Frijol chuncho, Catzotl, Chicama, Nupe.
Conosciuta soprattutto per i suoi tuberi commestibili, con adeguati supporti può raggiungere 5 metri di altezza, e le sue radici tuberose raggiungono lunghezze di due metri, pesando fino a 20 chili.
Presenta foglie trifogliolate con stipole (appendici alla base del picciolo) e foglioline disposte pennate; fiori a calice blu-viola; semi con forma quadrata, appiattita o arrotondata, racchiusi nei baccelli come i fagioli.

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I tuberi sono di colore giallastro con epidermide robusta di consistenza cartacea, mentre l’interno è color crema, croccante, come la patata cruda, dal sapore simile alla mela o alla pera nashi.
La Jícama era coltivata da tutte le principali civiltà, comprese quelle tolteche, olmeche, azteche e maya, ed in seguito introdotta nei Paesi del Sud-est asiatico e della Cina meridionale, soprattutto in Vietnam, dal quale la coltura si è diffusa negli Stati limitrofi, che in precedenza facevano parte dell’Indocina francese.
I Maya la menzionano più volte nel Libro di Chilám Balám di Chumayel (testo sacro, cronistoria e documento della comunità maya di Chumayel, un villaggio nello Yucatan settentrionale) paragonando la radice al polpaccio di una gamba di donna, mentre si arrotola la gonna (buccia).
In molte aree di produzione della Thailandia, la Jícama è ancora considerata una coltura vietnamita.
Nel periodo precolombiano, il tubero di questa pianta veniva utilizzato per curare la febbre, la desquamazione della pelle ed il flusso, mentre schiacciata serviva per curare il prurito.
Esso deve essere sbucciato molto bene prima del consumo, e la buccia non è commestibile.

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Oggi, i tuberi di Jícama vengono utilizzati in Messico come frutto fresco, tagliato a bastoncini e cosparso di succo di lime e peperoncino, e spesso venduto dai venditori ambulanti.
Oppure come verdura cruda, tagliato a fette ed utilizzato in varie insalate; o cotto per preparare una zuppa; saltato in padella; conservato nell’aceto con cipolla e peperoncino, per essere gustato come spuntino o aperitivo.
A Cuba si ritiene che la Jícama abbia un effetto analettico, e l’uso della sua farina è raccomandato nel trattamento della dissenteria e delle emorroidi.
In India, con i tuberi si produce una farina di alta qualità in India, ma con essi si preparano anche sottaceti e chutney, oltre ad una bevanda chiamata “kheer“, contenente tuberi grattugiati e bolliti nel latte (veramente ottima!).
In Malesia, i tuberi giovani e freschi vengono affettati e mangiati con altri frutti giovani sotto forma di salsa piccante, in un piatto tradizionale noto come “rujak“.

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In Cina, i tuberi di Jícama sono tagliati a cubetti conservati nello sciroppo, per essere consumati come dolci; stesso processo è fatto in Messico, dove sono anche ricoperti di pasta sfoglia ed esportati in Spagna.
Essi vengono usati anche freschi e sbucciati, per curare la febbre con sete; problemi alla gola; come lassativo, mentre il succo di tubero fresco, mescolato con zucchero, è considerato un rimedio contro i postumi della sbornia.
In generale, poiché la Jícama si mantiene fresca per un lungo periodo, anche senza refrigerazione, è particolarmente apprezzata dai pescatori locali, che tradizionalmente portano con sé i suoi tuberi nei lunghi viaggi.
Pertanto, la pianta ha svolto un importante ruolo storico come riserva alimentare nei viaggi via mare, vista anche l’ampia distribuzione geografica del raccolto.
I giovani baccelli della Jícama, per il loro sapore gradevole, vengono mangiati come sostituto dei fagiolini e, dal punto di vista nutrizionale, possono essere paragonati ai legumi/baccelli di soia.
Il fieno essiccato, che rimane dopo il raccolto, fornisce una fonte di foraggio per gli animali, ma viene comunemente mescolato con erba medica e fieno di mais prima dell’uso, visto l’alto contenuto nelle sue radici di rotenone, un insetticida ed acaricida naturale, con l’azione simile al piretro.

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ATTENZIONE: A concentrazioni più elevate, questo composto è tossico per gli esseri umani. I baccelli ed i semi della pianta sono velenosi e decisamente non adatti al consumo.
La Jícama è molto radicata nelle tradizioni e nelle cerimonie culinarie e culturali, ed è anche una delle colture più esportate, principalmente spedita negli Stati Uniti, mentre in Italia è conosciuta relativamente da poco.
Durante l’annuale festival del Dia de Los Muertos, la Jícama viene offerta alle anime dei defunti, spesso intagliata in teschi decorati.

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