L’Elleboro è originario dell’Europa, del Caucaso e dell’Asia Minore e comprende circa 30 specie erbacee perenni.
I suoi fiori sono formati da 5 petali, diversamente colorati e viene chiamato anche “Rosa di Natale” e “Rosa d’inverno”.
E’ una pianta molto velenosa (anche potente allucinogeno), infatti secondo l’etimologia, il nome deriva dal greco, Helleborus: è formata da due parole, che significano”far morire ” e “nutrimento che uccide”, in riferimento alla sostanza venefica che contiene.
Le parti più pericolose sono radici e rizoma.

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Esistono molte leggende su questo fiore.
Si racconta che un pastore di nome Melampo, indovino e guaritore, avendo osservato che le proprie pecore si purgavano mangiando l’Elleboro, pensò di somministrare lo stesso alle figlie del re di Argo, Preto.
La pazzia aveva colpito le giovani principesse, esse credevano di essere diventate vacche.
Melampo le guarì, come ricompensa ottenne il titolo onorifico di “Purgatore”, una parte del regno di Argo e la mano di una delle principesse.
Gli antichi Greci ricorrevano alla frase “aver bisogno dell’Elleboro ”, per indicare i folli.

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Infatti, in quel tempo molti malati di mente si recavano ad Antycira, nel golfo di Corinto, che era località rinomata per la vegetazione ricca di Elleboro , luogo consigliato anche dal poeta latino Orazio.
Petronio Arbitro dice nel suo Satyricon: “per affinare la sua capacità percettiva (inventio), per tre volte si schiarì la mente con una pozione di Elleboro“.
Racconta la leggenda, che Eracle fosse stato guarito dalla pazzia, proprio grazie a questa pianta.
Pare che gli antichi filosofi ricorressero ai principi di questa pianta, per raggiungere uno stato ipnotico, molto simile alla meditazione profonda.

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Un uso particolare ne fece Paracelso, che usò le foglie dell’Elleboro per la preparazione di un “elisir di lunga vita”.
Gabriele D’Annunzio, ne “La figlia di Iorio”, lo cita:”Vammi in cerca dell’Elleboro nero, che il senno renda a questa creatura”.
Anche gli Inglesi hanno la loro leggenda in merito all’Elleboro. Pare che, spargendo la polvere della radice, mentre si cammina, questa abbia il potere di rendere invisibili.
Nei paesi della bergamasca, negli anni ‘50-‘60, c’era un commercio della Rosa di Natale; i bambini raccoglievano i fiori e li portavano in un punto di raccolta, dove venivano selezionati e poi contati.

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I pochi soldi racimolati servivano per comprare i quaderni; quando il raccolto era abbondante, grande festa, ci scappava anche qualche caramella.
Oggi, in India, si brucia questa pianta accanto al letto delle partorienti, per affrettare il parto e perché lo spirito degli Dei entri nella mente del neonato.
Una leggenda racconta, che la figlia piccola di un pastore era intenta ad accudire il gregge del padre, in un pascolo vicino Betlemme, quando vide degli altri pastori che camminavano speditamente verso la città.
Si avvicinò e chiese loro dove andavano.
I pastori risposero, che quella notte era nato il bambino Gesù e che stavano andando a rendergli omaggio, portandogli dei doni.

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La bambina avrebbe tanto voluto andare con i pastori, per vedere il Bambino Gesù, ma non aveva niente da portare come regalo.
I pastori andarono via e lei rimase da sola, così triste che cadde in ginocchio piangendo.
Le sue lacrime cadevano nella neve e la bimba non sapeva, che un angelo aveva assistito alla sua disperazione.
Quando abbassò gli occhi, si accorse che le sue lacrime erano diventate delle bellissime rose di un colore rosa pallido.
Felice, si alzò, le raccolse e partì subito verso la città e regalò il mazzo di questi fiori a Maria, come dono per il figlio appena nato.

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Da allora, ogni anno nel mese di dicembre, fiorisce questo tipo di rosa per ricordare al mondo intero, il semplice regalo fatto con amore dalla giovane figlia del pastore.
In magia, occorre raccogliere l’Elleboro nelle notti di plenilunio.
Insieme con altre piante (napello, belladonna, ecc.) si utilizza in filtri che “hanno lo scopo di tramutare gli uomini in bestie”.
E’ chiamata anche “pianta delle streghe”, per l’uso che si faceva per curare la ninfomania.
Considerata una pianta malefica, ha un potere esoterico negativo, fa perdere infatti di prestigio ed attira la maldicenza.

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