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L’ORIGINE DELLA MORTE

Scritto da MadameBlatt


Nei miti di molte culture si parla dell’Origine della Morte, una caratteristica generale della vita umana, e quindi le storie sulla sua genesi sembrano essere universali in tutte le civiltà.
Naturalmente però, i miti e le teorie cambiano da cultura a cultura, in quanto si fondano sulle diverse caratteristiche del mondo naturale o sociale.
I miti sono narrati e tramandati nelle storie, solitamente racconti morali sulla fedeltà, la fiducia o l’equilibrio etico e naturale degli elementi del mondo.
L’idea della Morte come conseguenza delle azioni umane non è però universale.
La sua immagine come Essere a sé stante è comune nel folklore moderno ed antico, in cui la Morte è spesso un essere senziente, forse un animale, forse anche un mostro, a volte è mascherata, a volte entra nel mondo per rubare e mettere a tacere la vita delle persone.

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Durante il Medioevo infatti, in Europa la Morte era ampiamente vista come un Essere che veniva di notte a portare via i bambini, una figura oscura, incappucciata e macabra, una triste mietitrice, con una sete insaziabile per la vita dei bambini.
Infatti, spesso i piccoli venivano vestiti da adulti il ​​prima possibile, per indurre la Morte a cercare la preda altrove.
La Morte come essere umano è caratteristica soprattutto dei racconti popolari tradizionali, che drammatizzano l’angoscia umana riguardo alla mortalità.
Al contrario, nel regno delle idee religiose, la morte è considerata uno stato astratto dell’Essere, non identificabile come persona.
Nel mondo del mito e della leggenda, questo stato sembra scontrarsi con l’esperienza umana della vita e, di conseguenza della natura degli esseri umani come Esseri celesti, è la vita sulla Terra che a volte viene vista come una sorta di morte.
Quindi, in conclusione, tutto sta nel come interpretiamo noi la Morte, se come un Essere o come una condizione ineluttabile.

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Nella maggior parte delle culture tradizionali, l’avvento della morte viene presentato come uno sfortunato incidente avvenuto all’inizio. La Morte era sconosciuta ai primi uomini, i mitici antenati, ed è la conseguenza di qualcosa accaduto nei tempi primordiali.
Apprendendo come è apparsa per la prima volta la Morte nel mondo, si arriva a comprendere anche la causa della propria mortalità: si muore perché all’inizio è avvenuta questa cosa.
Qualunque siano i dettagli di questo mito sulla prima Morte, esso offre agli uomini una spiegazione della loro mortalità.

Altri miti spiegano l’avvento della Morte come conseguenza della trasgressione da parte dell’uomo di un comandamento divino; altri ancora collegano la mortalità ad un atto crudele ed arbitrario di qualche essere demoniaco.
Per esempio, tra le tribù australiane e nelle mitologie dell’Asia centrale, della Siberia e del Nord America, la mortalità è introdotta nel mondo da un avversario del Creatore.

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Nelle società arcaiche, invece, sembra che la Morte sia un incidente assurdo, forse come conseguenza di una scelta stupida fatta dai primi antenati.
Come in Africa, dove si narra che Dio mandò agli antenati il camaleonte, con il messaggio che sarebbero stati immortali, insieme con la lucertola con il messaggio che sarebbero morti.
Ma il camaleonte si fermò lungo la strada e la lucertola arrivò per prima: dopo aver consegnato il suo messaggio, la Morte entrò nel Mondo.
Naturalmente la Morte non è mai considerata una benedizione, anzi in ogni civiltà c’è sempre stata la speranza o l’idea della perennità dell’uomo, cioè la convinzione che, pur non essendo più immortale, potrebbe vivere indefinitamente, se solo qualcosa di ostile non ponesse fine alla sua vita, come se una morte naturale fosse semplicemente inconcepibile.
Spesso addirittura si pensa che un uomo muoia perché cade vittima della magia, dei fantasmi o di altri aggressori soprannaturali.

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Un altro concetto di Morte è quello dato da alcune culture arcaiche, inteso come un complemento necessario della vita, così come racconta il mito malgascio “La Luna e il Banano”:
« Dio ha voluto che il primo uomo e la prima donna potessero scegliere il tipo di morte che avrebbero avuto.
Quindi, un giorno chiese loro: “Preferireste morire come la Luna o come il Banano?”
La coppia non sapeva cosa significasse morire come la Luna o il Banano, quindi Dio spiegò: “Ogni mese la Luna muore e svanisce, poi rinasce poco alla volta per tornare a vivere. Invece, quando il Banano muore, non ritorna, ma lascia dietro di sé germogli verdi affinché la sua progenie possa continuare al suo posto. Potreste avere dei figli che prenderanno il vostro posto, oppure potreste rinascere ogni mese come la Luna. Scegliete!”
La coppia considerò che, se avessero scelto di non avere figli, sarebbero sempre stati riportati in vita come la Luna, però non avrebbero avuto nessuno che li aiutasse nel loro lavoro, nessuno a cui insegnare, da amare o per cui lottare. Pertanto, dissero a Dio che preferivano essere fecondi come il Banano e furono esauditi, ebbero molti figli, una vita felice e poi morirono.
Da allora c’è stato molto amore e nuova vita su questa Terra, che si è riempita di generazione in generazione ma, da quando la prima coppia ha scelto, la vita di ogni individuo è breve e, alla fine, il corpo avvizzisce come un Banano
.»

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Un’altra interpretazione sull’Origine della Morte è data anche da uno dei primi miti greci, quello che narra di Pandora, la fanciulla a cui erano stati conferiti tanti doni in un vaso chiuso, come la bellezza, il coraggio, le attitudini, ecc.
Ella, non riuscendo a resistere alla curiosità, tolse il coperchio e, a quel punto, uscirono fuori anche tutti i mali del Mondo, che si sparsero sulla Terra, tra cui le malattie e la Morte.

Vi lascio con una storia, “Comare Morte”, che fa parte dei racconti popolari tedeschi dei fratelli Grimm.
Essa viene raccontata in molto forme e varianti, a seconda del Paese in cui ci si trova: “Godfather Death” (USA-UK), “L’angelo prendi-anima” (Armenia), ecc.
Essa è una dei numerosi racconti in cui la Morte è personificata: a volte come una figura spaventosa, a volte come una figura compassionevole, talvolta come un uomo o una donna con un lavoro da svolgere.

«C’era una volta un povero sarto che riusciva a malapena a sfamare i suoi dodici figli.
Quando nacque il tredicesimo, l’uomo sconvolto corse sulla strada vicina, determinato a trovare qualcuno che facesse da padrino o madrina al bambino, in quanto non conosceva altro modo in cui avrebbe potuto provvedere al figlio appena nato.
Il primo a passare fu Dio, ma il povero sarto lo respinse: “Dio dà ai ricchi e prende dai poveri. Aspetterò che arrivi un altro.”
Il secondo a passare fu il Diavolo, ma il povero sarto respinse anche lui: “Mente, imbroglia e porta fuori strada gli uomini buoni. Aspetterò un altro.”
La terza a passare fu la Morte, e il povero sarto la esaminò attentamente: “La Morte tratta tutti gli uomini allo stesso modo, ricchi o poveri. È a lei che lo chiederò.”
Naturalmente, alla Morte non era mai stato chiesto prima di fare da comare, ma acconsentì subito: “A tuo figlio non mancherà nulla”, disse, “perché io sono davvero un’amica potente”.
Gli anni passarono e la Morte mantenne la parola data: al ragazzo ed alla sua famiglia non mancava nulla.
Quando finalmente il ragazzo raggiunse la maggiore età, la Morte apparve davanti a lui: “È tempo di stabilirti nel mondo. Stai per diventare un grande medico. Prendi questa erba magica, cura ogni malattia di questa Terra. Cercami quando sarai chiamato al letto di un paziente. Se mi vedi alla sua testa, puoi dargli una tintura di erba e il tuo paziente starà bene. Ma se mi vedi ai piedi, saprai che è il suo momento di morire. La tua diagnosi sarà sempre giusta e tu sarai famoso in tutto il Mondo.”
E così fu: il giovane divenne il medico più famoso del suo tempo, e la sua fama si diffuse in lungo e in largo, fino a giungere alle orecchie del re.
Il sovrano, infatti, giaceva malato nel suo letto d’oro e chiamò a sé il figlio del sarto che, quando finalmente arrivò nella camera da letto riccamente arredata, vide che il re era gravemente malato e che la Morte era ai suoi piedi.
Ora, questo re era molto amato ed il giovane desiderava moltissimo curarlo, per cui ordinò rapidamente agli assistenti di corte di girare il letto dalla parte opposta, e poi riportò in salute il malato con una tintura dell’erba magica.
Ma la Morte non era contenta, il giovane le aveva disobbedito.
Agitò il suo lungo dito ossuto verso il suo figlioccio e disse: “Non devi imbrogliarmi mai più. Se lo fai, sarà peggio per te”.
Il giovane prese a cuore questo avvertimento e non tradì più la sua madrina, finché la figlia del re non si ammalò e lui fu richiamato a palazzo.
La fanciulla era l’unica figlia del buon re, il quale aveva un disperato bisogno di vederla stare bene: “Salvale la vita”, disse il sovrano, “ed io ti concederò la sua mano per il matrimonio”.
Il dottore si recò nella camera da letto della bella principessa, dove la Morte lo aspettava, ferma ai piedi del letto della fanciulla, pronta a portarla via: “Non contraddirmi più”, lo avvertì la sua madrina, ma il dottore era già mezzo innamorato.
Quindi, l’uomo ordinò anche questa volta, che il letto della principessa fosse girato e le diede la tintura d’erbe.
La fanciulla fu guarita immediatamente, ma la Morte allungò una mano fredda e bianca e la strinse sul braccio del suo figlioccio, dicendo: “Allora, verrai tu con me!”
Portò il giovane in una grotta, le cui nicchie sulle pareti erano ricoperte da milioni di candele: “Qui”, disse, “ci sono candele che bruciano per ogni vita sulla Terra. Ogni volta che una candela si consuma e si spegne, una vita finisce. Questa è la tua”.
Così dicendo, la Morte indicò una candela che si era ridotta a una pozza di cera. “Per favore,” implorò il suo figlioccio, “per molti anni sono stato il tuo fedele servitore. Per favore, Comare Morte, non vuoi accendermi una nuova candela?” La Morte lo guardò senza rimorso.
La candela crepitò e si spense.
Il giovane medico cadde a terra, morto…»

Fate attenzione…

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“La speranza è il tappeto magico che ci trasporta dal momento presente nel regno delle infinite possibilità” (H. J. Brown)

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