La Dodicesima Notte, Twelfth Night, per la Chiesa cristiana è rappresentata dalla festa dell’Epifania, la quale commemora la manifestazione di Cristo ai Re Magi, col significato della Luce, o Verità, per coloro che hanno abbastanza comprensione per percepirla.
Per tante persone questa notte, oltre ad essere raccontata nell’opera di William Shakespeare, è l’ultima dei Dodici Giorni di Natale indicata, solitamente, nella sera del 6 gennaio.
In realtà, alcune tradizioni segnano la data della Dodicesima Notte come il 5 gennaio, altre il 6 gennaio, dipende dal fatto che il conteggio inizi il giorno di Natale o il 26 dicembre.
I Dodici Giorni di Natale veri e propri furono introdotti dal Concilio di Tours nel 567 (uno dei cinque concili di riforma voluti da Carlo Magno, considerato l’atto ufficiale di nascita delle lingue romanze, o neolatine, ovvero italiano, romeno, francese, portoghese, spagnolo), come un modo per unificare il Calendario giuliano, che era dettato dal Sole, con i calendari lunari delle province orientali di Roma.
Il Concilio di Tours proclamò che l’intero periodo tra Natale ed Epifania dovesse essere considerato parte della celebrazione, creando quello che divenne noto appunto, come i Dodici giorni di Natale, o quello che gli Iinglesi chiamavano Christide o Christmastide.

Orsino e Viola/Cesario- by Frederick Richard Pickersgill
Con il passare dei secoli, i Dodici giorni di Natale assunsero le proprie usanze nelle diverse regioni, tra cui una tradizione medievale di tenere una celebrazione alla loro conclusione, in cui veniva messa in scena una commedia su richiesta del “Lord of Misrule” (Signore del Malgoverno), una figura anti-autorità nominata che causava il caos generale e il cui regno terminava con La Dodicesima Notte.
Queste opere, messe in scena dai Mummers (attori di pantomima, guitti), avevano luogo durante le feste chiave.
Quella di W. Shakespeare fu scritta per essere parte di questa pratica di lunga data e recitata su di essa, con protagonisti che cambiavano genere ed una farsa basata sulla situazione.
Per chi non la conoscesse, essa narra del duca d’Illiria, Orsino, che è disperato perché respinto dalla contessa Olivia, la quale ha rinunciato alla compagnia ed alle avances degli uomini per sette anni, mentre piangeva la morte del fratello.
Nelle vicinanze, un gruppo di marinai arriva a riva con una giovane ragazza, Viola, che hanno salvato da una tempesta in mare.
La fanciulla si lamenta della perdita del fratello gemello, Sebastiano, nel naufragio e poi decide di cavarsela da sola, vestendosi da ragazzo per ottenere lavoro come paggio per il duca Orsino.
Nonostante i rifiuti, Orsino manda il suo nuovo paggio Cesario (Viola travestita) a corteggiare Olivia in sua vece e Viola, che nel frattempo si è innamorata a prima vista del duca, obbedise controvoglia.
Per complicare ulteriormente le cose, Olivia continua a respingere Orsino ma è attratta da Cesario, quindi invia il suo orgoglioso maggiordomo, Malvolio, a cercarlo con un anello, dando vita ad un autentico triangolo amoroso tra lei, Viola/Cesario ed Orsino.
Intanto, i membri della famiglia di Olivia complottano il maggiordomo Malvolio, e tra questi ci sono lo zio di Olivia, Sir Toby Belch, la sua serva Maria e l’amico di Sir Toby, Sir Andrew Aguecheek, anch’egli interessato ad Olivia.
Insieme usano una lettera per ingannare Malvolio, facendogli credere che Olivia lo ami, nella quale la contessa chiede al maggiordomo di apparire con calze gialle, giarrettiere incrociate e sorridente, per mostrarle il suo amore.
Dopo averlo fatto, l’inorridita Olivia fa rinchiudere Malvolio nell’oscurità come un pazzo.
Nel frattempo, anche il fratello gemello di Viola, Sebastian, è sopravvissuto al naufragio ed arriva in Illyria con il suo amico capitano di mare, Antonio, che è ricercato per un’ex pirateria contro Orsino.
Sir Andrew, tanto preso da Olivia, diventa geloso di Cesario, e decide di dichiarare un duello tra loro e, a causa di uno scherzo di Sir Toby, i duellanti credono di dover combattere fino alla morte quindi, spaventati, entrambi si sottraggono allo scontro.
Tuttavia, il capitano di mare Antonio passa di lì e scambia Cesario/Olivia per Sebastian (ricordiamo che in realtà sono gemelli), ed interviene per difendere l’amico, ma viene riconosciuto dagli uomini di Orsino ed arrestato.
Più tardi, Sebastian arriva e viene sfidato da Sir Andrew, che lo crede Cesario e, ben addestrato al combattimento, vince lo scontro, venendo poi invitato da Olivia in casa sua e poi i due si sposano quella notte.
Intanto, Maria incita Feste ad infierire sul beffato Malvolio, recandosi da lui nelle vesti di un esorcista gallese, per convincerlo della sua pazzia.
Non riconoscendolo, Malvolio affida al giullare una lettera da consegnare alla padrona Olivia, con la quale protesta per la sua situazione.
Viola e Orsino vanno al palazzo di Olivia e qui, la fanciulla riconosce Antonio come salvatore del duello tra lei e Sir Andrew ma, contemporaneamente, Orsino lo indica come un passato nemico.
C’è una discussione e poi Orsino tenta inutilmente di dichiararsi a Olivia, mentre quest’ultima chiede spiegazioni delle disattese promesse matrimoniali a Viola/Cesario, costretta a tacere per non disattendere le volontà del suo padrone, che vede in Viola un intermediario al suo servizio.
Il discorso sembra chiarirsi ad Orsino, che vede in Cesario un nemico da affrontare per ottenere il cuore di Olivia mentre Viola, dal canto suo, cieca d’amore, è pronta a morire per mano dell’uomo amato, facendo intendere alla contessa di non gradire la sua corte.

Olivia, Sebastian ed il prete -by William Hamilton
L’ingresso del prete in scena porta a conoscenza Orsino del matrimonio tra Olivia e Sebastian, scambiato per Cesario, poi arriva anche Sir Andrew con la testa fasciata, pronto a giurare di esser stato offeso nel corso di un duello da Cesario, il quale difende invece la sua innocenza.
Il colpo di scena è l’ingresso di Sebastian, che si reca da Olivia per scusarsi delle ferite provocate ad Andrew e vede Viola.
Riconoscendosi, i gemelli comprendono che le morti erano presunte e gioiscono dell’avvenimento, narrandosi le vicissitudini che li hanno condotti a tali circostanze.
Orsino chiede a Viola di vederla in veste da donna, e lei rivela di aver lasciato le vesti a casa del capitano del suo bastimento naufragato.
Dopodiché, giunge Feste con la lettera indirizzata ad Olivia scritta da Malvolio e, grazie allo sfogo scritto, gli astanti capiscono che il maggiordomo non è uscito fuori di senno e ne ordinano la scarcerazione.
Malvolio arriva e chiede spiegazioni sulla lettera d’amore ricevuta dalla padrona, la quale riconosce in essa la falsificazione della propria calligrafia, capendo che si tratta di un inganno architettato ai danni del maggiordomo da parte di Maria e degli altri.
Sir Toby, frattanto, entusiasta delle capacità di Maria, vi è convolato a nozze.
Orsino chiede a Viola di essere sua sposa, ed Olivia le promette di essere una sorella sincera e devota: al lieto fine delle due coppie fa da contrasto l’ira di Malvolio, che scopre d’esser stato raggirato e promette vendetta.
Dopo questa scena, Feste annuncia agli spettatori, cantando e suonando, la fine della commedia.
Ritornando al folklore della Dodicesima Notte, anticamente essa era l’ultima sera in cui si potevano cantare i canti natalizi e spesso le persone facevano benedire le loro case, per segnare la fine della stagione, mentre rimuovevano le guarnizioni che avevano messo.
Inoltre, spegnevano il ceppo di Natale che bruciava dalla vigilia, le cui ceneri venivano poi tenute sotto un letto per buona fortuna, ed usate come legna da ardere per accendere il tronco successivo dell’anno dopo.
Poiché molti oggetti decorativi erano prodotti da forno, in quest’ultimo giorno di Natale venivano mangiati e condivisi con parenti e vicini.
Ma l’evento principale della celebrazione era una grande torta, al cui interno si metteva un pisello secco in una metà, ed un fagiolo nell’altra.
Le donne venivano servite da sinistra, gli uomini da destra: l’uomo che trovava il fagiolo nella sua fetta sarebbe stato il re dei festeggiamenti per la sera ed era responsabile di suscitare buon umore.
La donna, invece, che nella sua fetta avrebbe trovato il pisello, sarebbe stata incoronata regina della Dodicesima Notte, ed avrebbe potuto ordinare a tutti di obbedire ai suoi ordini, senza obiettare.

C’erano anche delle varianti a questa usanza, con l’aggiunta di altri elementi, come ad esempio in una versione, se trovavi un rametto nella tua porzione di torta, significava che eri uno sciocco.
Nel tempo, queste aggiunte speciali furono sostituite da cianfrusaglie e ciondoli, d’argento se eri benestante, e nel XVIII e XIX secolo le torte della Dodicesima Notte divennero enormi ed elaborate, con torri di glassa e montagne di guarnizioni.
Le celebrazioni della Dodicesima Notte raggiunsero il loro apogeo durante il periodo Tudor, quando tra l’aristocrazia e la nobiltà, la giornata era scandita da maschere e sfilate.
Nel 1532, alla corte di Enrico VIII, furono serviti 200 piatti e furono erette cucine temporanee nei giardini del Greenwich Palace.
La regina Elisabetta I aveva il suo produttore di pan di zenzero, che creava figure di lei e dei suoi ospiti, Enrico VII assumeva il suo Lord of Misrule e un Abbot of Unreason (Abate dell’Irragionevolezza) per guidare la baldoria.

Dodicesima Notte-by David Teniers il Giovane
Ci si scambiavano regali e in tutta la scala sociale si tenevano feste e riunioni di famiglia.
Verso la fine del XIX secolo, la Dodicesima Notte iniziò a perdere il suo splendore, a causa dell’ascesa della Rivoluzione Industriale, per la quale i datori di lavoro erano ansiosi di riavere la loro forza lavoro in tempo utile dopo Natale e Capodanno.
Quindi, nel 1870, la Regina Vittoria mise al bando le celebrazioni, che considerava chiassose e non cristiane e, nel 1900, la torta della Dodicesima Notte era quasi estinta, anche se alcuni elementi divennero popolari, come lo smontaggio degli addobbi natalizi la notte dell’Epifania e la condivisione delle decorazioni commestibili tra familiari ed amici.
Analoga tradizione della torta anglosassone si riscontra in Francia, dove “La Galette des Rois” (“Torta dei Re”) viene mangiata per tutto il mese.
La sua composizione varia a seconda della regione: nel nord della Francia, è chiamata Galette ed è farcita con “frangipane”, una crema pasticcera dolce al gusto di mandorle che, vi assicuro, è qualcosa di paradisiaco… oppure con frutta o cioccolato; nel sud, è più simile ad una brioche con frutta candita.
Nel dolce si nasconde per tradizione una fava, simbolo di fecondità, oppure si trova la piccola figura di un re, simile ad un soldatino: la persona a cui capita di trovare l’oggetto (la fève) nascosto nel suo pezzo di torta, verrà considerata il re della giornata, durante la quale metterà sulla testa una coroncina di carta dorata.

La festa del Re dei fagioli-by Jacob Jordaens
La stessa tradizione è presente anche nei Paesi iberici, in cui la torta è chiamata Tortell, Gâteau des Rois, Roscón de Reyes o Coca de Reis; in Portogallo e Brasile con il Bolo Rei; nei Paesi germanofoni con il Dreikönigskuchen; in quelli anglofoni, con il King Cake.
A Londra, presso il Theatre Royal in Drury Lane, dal 1795 c’è una tradizione istituita da un attore di quell’epoca, Robert Baddeley, di fornire una torta della Dodicesima Notte ogni anno.
Egli, nel suo testamento previde un lascito di £ 100 per fornire torta e punch ogni anno, a favore della Compagnia risiedente al teatro il 6 gennaio.
E la tradizione continua ancora oggi..
Ora, ora arriva l’allegria
Con una torta piena di prugne,
Dove Bean è il Re dello sport qui.
Inoltre dobbiamo sapere,
Anche il Pisello
Deve divertirsi, come Regina, nella corte qui.
-da “La dodicesima notte ” di Robert Herrick-
Nell’America coloniale, una corona di Natale veniva sempre lasciata sulla porta d’ingresso di ogni casa e, quando veniva tolta alla fine dei Dodici Giorni di Natale, qualsiasi elemento commestibile veniva consumato con gli altri cibi della festa.
In alcuni Paesi anglosassoni, una superstizione suggerisce che porti sfortuna lasciare appese le decorazioni natalizie dopo l’Epifania, una tradizione probabilmente legata anche alla Candelora, festività che segna la fine dell’Epifania il 2 febbraio, così come al Venerdì Santo, Martedì Grasso ed alla Septuagesima (nona domenica prima di Pasqua).
Nelle Alpi orientali, dal 1616 è la tradizione del Perchtenlaufen a segnare la Dodicesima Notte, quando uomini con maschere di legno corrono per le strade suonando campanelli per scacciare gli spiriti maligni.
Non si può parlare del folklore della Dodicesima Notte senza parlare di “Wassailing”, una tradizione che prende il nome dal “wassail” (“buona salute”), un tipo di punch contenente una bevanda a base di sidro o birra con spezie e mele tostate.
Si conoscono due varianti del Wassailing:
— benedizione degli alberi da frutto e degli animali da stalla con la coppa del wassail, sicuramente diffusa nel Devonshire, Herefordshire e West Country. Essa aveva luogo nella Dodicesima Notte oppure il 17 gennaio, data della “Vecchia Dodicesima Notte“. A tal proposito parliamo appunto della “Old twelfth night” o “Old Twelvey”, che in alcuni luoghi, in particolare nel sud ovest inglese, viene ancora celebrata il 17 gennaio. Ciò continua l’usanza dell’Apple Wassail nella data che corrispondeva al 6 gennaio del Calendario giuliano, al momento del cambiamento di calendario emanato dal “Calendar Act” del 1750, noto anche come “Chesterfield’s Act” o “British Calendar Act” del 1751. Si tratta di un atto del Parlamento della Gran Bretagna, il cui scopo era che l’Impero britannico adottasse il Calendario gregoriano. L’atto cambiò anche l’inizio dell’anno legale dal 25 marzo al 1° gennaio.
— Raduno nel Devon dei contadini, armi in spalla, attorno al melo più vecchio, intonando i seguenti versi:
Eccoci da te, vecchio melo.
Che tu possa di nuovo germogliare, sbocciare
e portare di nuovo tanti frutti.
Al termine della benedizione, i contadini lasciavano le proprie armi nel frutteto e facevano ritorno alle proprie case, nelle quali non potevano entrare, però, se prima non avessero indovinato il tipo d’arrosto cucinato per loro dalle mogli.

La coppa di Wassail by Sir John Gilbert
In Inghilterra, un’altra usanza durante i “Dodici Giorni di Natale”, riguardava alcune fanciulle, note come “ragazze del wassail”, le quali giravano per le case con una coppa della bevanda tra le mani, intonando canti natalizi e benedicendo le abitazioni da loro visitate.
Questa tradizione scatenò anche delle lamentele (già da allora…), in quanto veniva considerato un modo per chiedere l’elemosina, e poco dignitoso per le ragazze.
In seguito questa tradizione conobbe una trasformazione e la coppa del wassail fu via via sostituita da una scatola decorata con piante sempreverdi.
Un altro rito contadino prevedeva che gli agricoltori versassero nel terreno il sidro, recitando un verso e facendo rumore con gli attrezzi.
Inoltre, si appendevano agli alberi dei toast imbevuti di sidro, cosicchè gli uccelli che li avrebbero mangiati, avrebbero portato via qualsiasi male ancora presente.
Nel Worcestershire, durante la Dodicesima Notte, i contadini costruivano dodici falò molto grandi in uno dei loro campi di grano, chiamati “Old Meg”, intorno ai quali bevevano sidro caldo con le loro famiglie, dopo però aver brindato al padrone ed alla salute dei raccolti.
In queste tradizioni, questa magica notte diventava un modo per “legare” il vecchio anno e piantare i semi della buona sorte per il nuovo anno.

Ph. Ethan Doyle White-Wikimedia
Un’altra tradizione, che ha origine nell’Europa medievale, era quella di “Scrivere col gesso sulla porta” (Chalking the door), usata per benedire la propria casa.
In pratica, la Dodicesima Notte, o il giorno dell’Epifania, i Cristiani scrivono con il gesso sulle loro porte o architravi, uno schema riferito all’anno solare, per esempio al 2025:
“20 ✝ C ✝ M ✝ B ✝ 25”
Quindi, i numeri 20 e 25 riguardano l’anno 2025, mentre le croci si riferiscono a Cristo.
Le lettere C, M e B stanno per i nomi tradizionali dei Re Magi (in inglese): Caspar, Melchior e Balthasar.
Se volete farlo voi, al posto della C metterete la G (Gaspare).
Altre fonti affermano che le lettere siano le iniziali della benedizione latina “Christus mansionem benedicat” (“Possa Cristo benedire questa casa”).
In alcune località, il gesso usato per scrivere il motivo dell’Epifania viene benedetto da un prete o ministro cristiano il giorno dell’Epifania, quindi portato a casa per scrivere la dicitura.
Questa usanza cristiana ha un precedente biblico, poiché nell’Antico Testamento, gli Israeliti segnavano col gesso le loro porte, per essere salvati dalla morte.
Di conseguenza, questo rituale nella Dodicesima Notte, serve a proteggere le case cristiane dagli spiriti maligni, fino al giorno dell’Epifania successivo, momento in cui l’usanza verrà ripetuta.

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Per la maggior parte di noi, la Dodicesima Notte è il giorno in cui togliamo i lustrini ed usciamo fuori dalla porta un albero disseccato ma, fino alla fine del XIX secolo, era un momento di festa ed allegria, secondo per importanza solo al giorno di Natale.
Nonostante queste vecchie feste dalle dimensioni enormi oggi possano sembrare sorprendenti per noi, ed i vecchi Dodici Giorni di Natale siano ora ricordati solo come una canzone, ci sono molti resti della vecchia tradizione rimasti nel folklore e nelle usanze locali, con molti luoghi che hanno i loro modi individuali di celebrare la Dodicesima Notte.
Anche l’antica tradizione della Dodicesima Notte è una parte importante per costruire un forte legame tra la famiglia e la nostra comunità, essa dà un senso di appartenenza ed un modo per esprimere ciò che è importante per noi.
Ci collega alla storia e ci aiuta a celebrare generazioni di famiglie con quel calore che, molto probabilmente, nel mondo attuale è andato perso.
Quando ero più giovane, non capivo la bellezza e l’importanza dei rituali, della tradizione, perché non capivo il significato che c’era dietro ed il ruolo prezioso che poteva svolgere nel mio cammino di vita.
Oggi vivo tutto ciò per come in realtà è stato concepito: come un’opportunità per fermarsi, pensare, ricordare, rallentare dalla frenesia quotidiana e rammentare il vero significato della vita di tutti i noi.
Per chi volesse trovare un po’ di atmosfera, onorando vecchie e, allo stesso tempo, per noi nuove tradizioni, vi lascio con la ricetta del Wassail.

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